Angelo Zomegnan, direttore del Giro d’Italia dal 2004 al 2011, ha puntato il dito sul ciclismo degli Anni Novanta. Pantani fu punito nel 1999 a Madonna di Campiglio. Ma altri corridori rimasero impuniti.
Marco Pantani avrebbe compiuto oggi 51 anni. Ne sono passati invece quasi 17 anni dal ritrovamento del suo corpo senza vita, nella stanza dell’hotel Le Rose di Rimini. Una vicenda che sembrava chiara fin dall’inizio, o almeno questo è quanto avrebbe voluto far credere chi ha consentito di trovare un corpo esanime e circondato dalla cocaina. Ma le indagini sul decesso del Pirata di Cesenatico proseguono e sembrano scoperchiare un mondo decisamente diverso da ciò che l’apparenza ha sempre suggerito. Ma c’è tanto altro di cui parlare, a proposito della carriera di Marco Pantani.
E nel giorno di quello che sarebbe dovuto essere il suo compleanno, ecco che arrivano dichiarazioni scottanti. A renderle note è Angelo Zomegnan. Stiamo parlando dell’uomo che, dal 2004 al 2011, ha diretto il Giro d’Italia. Non è stato facile per lui assumere la direzione della Corsa Rosa, proprio nell’anno in cui è venuto a mancare Marco Pantani. Ma il suo riferimento, nelle dichiarazioni che compongono un pensiero scritto su Libero, risale al fatto che ha cambiato per sempre la carriera dello scalatore romagnolo. Ovvero i fattacci di Madonna di Campiglio.
Il 5 giugno del 1999, infatti, Marco Pantani fu sospeso da un Giro d’Italia che stava dominando. Il suo tasso di ematocrito nel sangue era troppo alto e si valutò una sospensione di 15 giorni dalle corse. Zomegnan, nel suo editoriale, ha fatto capire che il Pirata fu un capro espiatorio in un mondo malato: “Nel 1999, quando Marco Pantani fu fermato al Giro d’Italia a Madonna di Campiglio per l’eccessiva presenza di globuli rossi nel sangue, verosimilmente dovuta al famigerato Epo, quasi tutti i primi dieci in classifica facevano uso di sostanze dopanti per migliorare l’ossigenazione del sangue ed avere prestazioni sportive più competitive“.
Gli Anni Novanta furono terribili per il ciclismo su scala mondiale. I casi di doping fioccavano in maniera clamorosa, anche e soprattutto ad alti livelli. Casi come quello della Festina nel Tour de France 1998, oppure Bjarne Riis divenuto famoso come Monsieur 60% proprio per il suo tasso di ematocrito. Zomegnan fa capire quanto fosse ridicolo il contrattacco della federazione mondiale: “Erano anni bui quelli della fine del secolo dove gli atleti cercavano di migliorare in tutti i modi le loro prestazioni, nulla era vietato ma semplicemente governato. Non si contrastava fattivamente l’uso dell’eritropoietina, ma semplicemente i globuli rossi prodotti artificialmente dovevano rimanere entro il 50% nel sangue“.
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Si torna dunque all’ambiente del ciclismo negli Anni Novanta. L’ex direttore del Giro d’Italia ha fatto capire che la sospensione di Marco Pantani fu sfruttata, a livello di immagine, per dimostrare un eventuale atteggiamento punitivo da parte dell’Uci. “Hanno cercato di farlo passare come il delinquente nel convento di benedettine – sostiene Zomegnan – e così non era. C’era chi si faceva di epo, chi si faceva rinchiudere in una camera ipobarica, come Gotti, e chi addirittura si rimpinzava di viagra. C’erano alcune Miss che rimanevano stupite che, dopo 200 km di fatiche estenuanti, i corridori mostravano la loro parte intima pronta per un atto sessuale“.
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Dunque l’uso dell’epo per doparsi era diffuso nel ciclismo? “Assolutamente sì – risponde Zomegnan – . Non si vietava l’uso dell’eritropoietina, ma si cercava di gestirne l’uso, non una cosa eticamente bella. Come se il furto di soldi fosse consentito e non punito sotto i mille euro, ma a mille e un euro si andasse in prigione“. Secondo Zomegnan, dunque, Marco Pantani aveva ragione nel sostenere di essere stato tradito dal sistema: “Il team del Pirata ha commesso errori e lui è diventato il capro espiatorio – conclude – di un sistema marcio“.
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