Paolo Maldini è stato intervistato da “Bein Sports” e ha rilasciato alcune affermazioni importanti. Come, per esempio, il rinnovo di Zlatan Ibrahimovic.
SULLA STAGIONE – “E’ un anno sicuramente particolare, dove giochiamo in condizioni non normale, senza pubblico, ogni 3 giorni, con un calendario complesso. E’ un calcio a cui i giocatori hanno dovuto abituarsi, ma è il loro lavoro, devo dire che forse anche grazie alla mancanza di pubblico una squadra giovane come la nostra è riuscita a fare risultati inaspettati”.
SULLA SQUADRA – “La nostra è la squadra più giovane d’Italia, una delle più giovani d’Europa. Chi ha giocato a calcio sa che ai giovani servono tempo e leadership, esempi positivi. Abbiamo cercato questa cosa nello scorso mercato invernale, con Ibrahimovic e Kjaer, per dare delle guide a ragazzi che forse erano troppo giovani per prendere in mano questa squadra”.
SUL PROGETTO – “Il Milan è partito un anno prima rispetto a ciò che è successo nel mondo con la pandemia, cercare di raggiungere l’autosostenibilità e il pareggio nei conti. Questo si fa attraverso una squadra giovane, con costi diversi, senza mai dimenticare il rispetto che ci dev’essere per questo club. E’ la mia missione personale, per me ci sarà sempre la direzione sportiva del progetto generale”.
SUL MODELLO MILAN – “La nostra è un proprietà americana che arriva dopo quella cinese, nell’arco di tre anni si è cambiata tre volte proprietà in una società che è stata prima molto stabile, con il miglior presidente della storia del club, Silvio Berlusconi. Ormai quel tipo di imprenditore, che può mettersi sulle spalle un club così grande non esiste più. La via per arrivare a determinate risultati è l’autosostenibilità, con un mercato diverso, senza prendere subito i migliori giocatori, ma giovani di talento da far crescere nel proprio club”.
SUL CAMBIO DI ROTTA – “Abbiamo iniziato con un allenatore, Giampaolo, che non ha funzionato, ma secondo noi è un bravissimo allenatore. Abbiamo cambiato durante la stagione, già a ottobre. Quando succede questo, la crescita dei giocatori è più ritardata, specie nei giovani. Poi, dopo quel ko, l’idea di dare una guida attraverso gli arrivi di Ibra e Kjaer è stata ascoltata anche dalla proprietà e da lì si sono visti risultati ottimi. Poi il mondo è stato stravolto da questa pandemia e una volta che ci siamo trovati a parlare via Skype con i nostri giocatori ci siamo detti che avevamo tutte le possibilità per ribaltare le gerarchie della classifica. Dal 12 giugno, quando abbiamo ripreso, abbiamo dimostrato le nostre qualità”.
SU THEO HERNANDEZ – “L’esempio di Theo è calzante, aveva già vinto la Champions League e fatto un’esperienza con il Real Madrid. Si stava un po’ perdendo: quando ho parlato con lui non ho voluto ascoltare tutte le cose che mi avevano detto di lui. L’ho guardato negli occhi, ho trovato un ragazzo molto sensibile, che aveva voglia di rivincita. Gli ho detto che avrebbe dovuto fare molta fatica: ho creduto in lui, la società anche. Insieme a Leao è stato l’acquisto più caro dell’anno scorso, ma la sua risposta sul campo è stata eccezionale sotto tutti i punti di vista. Deve programmarsi di giocare da titolare in nazionale e deve ambire a essere uno dei migliori 3 terzini al mondo”.
SULLE BIG EUROPEE – “Il gap con queste squadre, specie a livello di ricavi, si è un po’ ampliato, anche se siamo in testa al campionato dalla prima giornata. Probabilmente ci mancano due anni stabili in Champions League per avere una squadra competitiva per lottare con le squadre che lo fanno ogni anno. Vorrei ricordare che il Milan manca dalla Champions da 8 anni, a livello economico pesa. FFP? Una buona cosa per l’economia generale, ma aumenta il gap tra le squadre che vorrebbero investire per tornare grandi e quelle che lo sono già”.
SUI FIGLI – “Mi è dispiaciuto quando troppe attenzioni sono andate sui miei figli. Dico sempre di essere tranquillo quando ci si approccia a uno sport, quando ci sono grandi attenzioni e paragoni ti possono schiacciare. La reazione può essere quella di arrenderti o combattere: la mia è stata quella di combattere. Daniel è un attaccante, quindi non esistono paragoni né col nonno né col papà”.
ANCORA SUL PROGETTO – “Siamo un periodo storico e del Milan non si possono comprare i migliori giocatori al mondo. La mia missione è dare un’occhiata ai conti, abbassare il monte ingaggi, alzando il livello i giocatori ringiovanendo la squadra e restando competitivi. So benissimo che questo club ha qualcosa di particolare, che brucia le tappe: non ci mette tanto come gli altri club. Quando ho iniziato quest’avventura sapevo che sarebbe stato difficile, soprattutto all’inizio, ma che i nuovi giocatori avrebbero sentito questa magia. I risultati di quest’anno mi fanno sentire tranquillo”.
SUL SUO RUOLO – “Quando ho smesso di giocare, non avevo ben chiaro cosa avrei fatto dopo. Avevo ben chiaro cosa non avrei mai fatto, ovvero l’allenatore. Vedendo com’è stata la vita di mio papà, girando con la valigia sempre pronta, non era il tipo di vita che avrei voluto fare. Una volta smesso, ho fatto 9 anni senza lavorare nel calcio e poi – quando avuto l’opportunità – sono tornato al Milan come dirigente”.
SUI RINNOVI – “Abbiamo tre giocatori in scadenza, Calhanoglu, Donnarumma e Ibra, e altri contratti che scadono nel 2022. Per i dirigenti è prassi normale, stiamo provando a cercare soluzioni. Sono giocatori importanti, lo sappiamo benissimo: dico sempre che bisogna essere contenti in due, sono professionisti al 100%. La speranza è quella di trovare accordi”.
SUI TIFOSI – “Purtroppo solo tramite social e manifestazioni d’affetto fatte verso la squadra. La pandemia non ci ha permesso nemmeno di fare riunioni o aprire parzialmente lo stadio. Spero che prima della fine del campionato almeno parte dei tifosi possano vedere la nostra squadra. L’Inter, insieme alla Juventus, sarà la nostra competitor, è anche uscita dalle coppe europee. Tutto ciò che stiamo facendo vorremmo condividerlo con i nostri tifosi, che anche l’anno scorso hanno riempito San Siro”.
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