Lunga e interessante intervista rilasciata dal presidente del Parma Kyle Krause. Il numero uno dei gialloblu ha toccato diversi temi, tra cui quello dello stadio.
Senza dubbio il Parma non sta vivendo la stagione che molti tifosi si aspettavano: il club gialloblu sta lottando per non retrocedere e il cambio Liverani-D’Aversa non ha ancora portato la svolta desiderata, anche se la convincente prova contro l’Inter e il pareggio di Firenze (ennesima rimonta subita) hanno dato delle speranze. Il Parma, al momento, è 19esimo con 16 punti in 26 partite, ma una nota positiva di questa stagione potrebbe essere individuata in Kyle Krause. Il presidente americano ha messo subito in chiaro l’intenzione di investire nel Parma, conducendo due sessioni di calciomercato senza badare a spese e intervenendo in prima persona. Il numero uno del club ha rilasciato un’interessante intervista a DAZN, parlando di sé e dei suoi primi mesi a Parma: ecco le sue dichiarazioni.
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Nella lunga intervista rilasciata a DAZN, Krause ha parlato a tutto tondo, ecco le sue parole.
Cosa vuol dire per lei essere presidente del Parma?
“Cosa si prova ad essere presidente del Parma? Per il momento c’è soprattutto tanto divertimento, mi sta davvero piacendo quest’esperienza: è un sogno che diventa realtà. È tutto un sogno: possedere una squadra di calcio, vivere la Serie A, stare in una città come Parma è fantastico. È esaltante, ma c’è tanto lavoro da fare, anche perché tutto è accaduto così in fretta”.
Perché la scelta di venire in Emilia?
“Non sono cresciuto a Parma, così quando si è aperta la possibilità di acquisire un club di Serie A, ho scelto Parma e quindi per me è stata una scelta forte… Non sto dicendo che avrei potuto scegliere qualsiasi club, per questo dico che ho scelto fortemente questa città e tutto ciò che la caratterizza. La gente è fantastica, ci sono architettura, arte e teatri meravigliosi, il Duomo è bellissimo, poi cammini per strada e incontri tante belle persone”.
L’Italia era nel suo destino.
“Io sono italo-americano anche se forse non sembro molto italiano. Mia madre di cognome fa Gentile: la mia famiglia ha quindi origine siciliane. Noi siamo della parte attorno a Palermo, per la precisione da Alia, un piccolo paese nel palermitano. Io e mia moglie ci siamo fidanzati a Palermo e poi ci siamo sposati a Positano, per cui ho origini italiane e sono sempre stato attratto da tutto ciò che ruota attorno all’Italia: mi piace la gente, mi piace il vino, mi piace il calcio… è tutto meraviglioso, tutto ciò che riguarda l’Italia! Poi Parma è una città a misura d’uomo, è grande, ma della misura giusta. Le persone sono molto amichevoli. Tutti tifano Parma e ci si fa rapire dalla bellezza, si sente la storia qui. È una città da vivere a piedi ed in bicicletta, tutti hanno una bici qui e puoi andare ovunque. In America non è così, ma questa cultura è meravigliosa”.
Come ha influenzato la sua infanzia il calcio?
“Sono cresciuto in una città piccolina, non avevamo la squadra di calcio. Mi sono appassionato tardi quando i miei figli hanno iniziato a giocare e io ho cominciato a giocare da adulto, ma non troppo bene. Dunque grazie ai miei figli, che oltre ai classici sport americani hanno praticato il calcio. E mi sono reso conto che mi piaceva davvero, anche andare a vedere le partite, in America o in Europa”.
Cosa può portare la mentalità americana nel calcio italiano?
“Forse per prima cosa devo imparare dal calcio italiano, ma penso che da una prospettiva americana, da una mentalità americana, uno si accorge che in America hanno fatto un gran lavoro nel creare un’attenzione mondiale attorno agli eventi. L’NBA ne è l’esempio migliore, a partire dallo stadio e da ciò che gli gira attorno, sono riusciti a sviluppare un’esperienza di tifo più appagante per il tifoso e credo che in Serie A si possa fare lo stesso. Vai allo stadio e la maggior parte degli stadi per adesso non sono troppo invitanti come esperienza. Al momento è per i tifosi più sfegatati, ma se si vuole allargare alle famiglie bisogna sviluppare lo stadio, andare oltre alla sola visione della partita”.
Interessante è anche la questione stadio.
“Ci sono molti presidenti che vogliono costruire un nuovo stadio o rinnovare quello che già esiste. La Juventus ha tracciato la strada, poi l’Atalanta l’ha seguito. Costruire uno stadio è difficile, e se punti ad allontanarlo dal centro città, in un posto lontano dallo stadio attuale come è nei piani di Rocco Commisso, devi tenere conto del legame che i tifosi sentono con il luogo attuale. C’è bisogno ancora di un po’ di tempo, ce la faremo. Può accrescere il fascino internazionale del Parma. E Parma è già su un percorso di crescita internazionale, ha fascino e deve continuare così. Il Parma Calcio può aiutare in questa crescita. Ho parlato con il Sindaco e la nostra idea è quella di costruire uno stadio di classe mondiale che ospiti una squadra di classe mondiale“.
Lei è qui da poco:
“Sì sono qui da poco, sono nuovo, ma arriviamo con nuove idee. Però partiamo da un grande lavoro fatto da chi c’era prima, da chi ha fatto risalire il Parma dalla D alla A, ho apprezzato la loro visione del calcio e penso che i prossimi passi vadano intrapresi in un’ottica più lunga e se penso alla visione futura del Parma cerco di pensare a cosa possono vedere i tifosi. La speranza? Loro vedono i piani, vedono i nuovi giocatori, che è una cosa sempre divertente, c’è sempre qualcuno in arrivo. Abbiamo fatti grossi investimenti, abbiamo programmato, abbiamo steso un piano, ora possiamo piano piano alzare l’asticella. È un’azienda a gestione famigliare, e la gestiamo come facciamo con tutte le nostre aziende: programmiamo sul lungo periodo. E con questa filosofia facciamo investimenti”.
Ci sono diversi presidenti americani in Italia:
“Sì sono stati tutti molto carini con me quando sono arrivato. Ho parlato con Saputo e Commisso, non con i Friedkin che ancora non avevano preso la Roma. Sono stati tutti molto gentili e mi hanno aiutato: posso solo ringraziarli. Anche se ancora non siamo riusciti ad incontrarci”.
Un aneddoto delle sue prime giornate a Parma…
“Una delle prime serate in città siamo andati a prenderci un gelato, ci siamo messi in fila io e i miei soci d’affari. Lì fuori c’era un gruppo di ragazzi che mi ha riconosciuto: <<Ecco il nuovo presidente>>, <<oh hai visto, è lui!>>. Ho capito che tutti volevano il gelato e l’ho offerto a tutti! È stato divertente”.
Infine, interrogato sui celebri “anolini”, ha risposto così: “Buon cibo!”.
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