Morte Astori, condannato il medico, il suo avvocato è pronto a dare battaglia

E’ il giorno della sentenza nel processo per la morte dell’ex capitano della Fiorentina Davide Astori, scomparso il 4 marzo 2018.

Morte Astori
Oggi è arrivata la sentenza per la morte di Davide Astori (Credits: Getty Images)

A quasi tre anni dalla morte di Davide Astori arriva la prima sentenza nel processo. Oggi Giorgio Galanti, all’epoca dei fatti direttore sanitario del Centro di riferimento di medicina della sport della Azienda ospedaliera universitari di Careggi, è stato condannato ad un anno di reclusione, pensa sospesa. Rispetto alla richiesta del PM del 2 aprile scorso la pena è più lieve perché lo stesso Pubblico Ministero aveva chiesto un anno e mezzo di reclusone per omicidio colposo per l’unico imputato del processo.

LEGGI ANCHE: Processo per la morte di Astori: chiesta la condanna del medico

Galanti tra il 2016 e il 2017 aveva emesso due certificati di idoneità sportiva per Davide Astori senza accertamenti diagnostici più approfonditi per escludere una cardiopatia organica, come invece avrebbe dovuto fare secondo i periti interpellati dal PM. E proprio a questa mancata diagnosi sarebbe dovuta la morte di Davide Astori.

Galanti condannato per la morte di Astori

Oltre alla condanna di un anno, Galanti dovrà anche versare alla famiglia una cifra di un milione e novantamila euro così suddivisa: 250 mila alla compagna del calciatore Francesca Fioretti, 240.000 per la figlia Vittoria, i restanti 600.000 per i genitori del capitano viola, Renato e Giovanna, e per i fratelli Marco e Bruno. Nei prossimi 90 giorno arriverà anche la motivazione alla sentenza di oggi.

Le reazioni alla sentenza

Subito dopo la sentenza arrivano le parole di Francesca Fioretti, compagna di Astori: “giustizia è fatta, sono felice e allo stesso tempo dispiaciuta perché la sua morte poteva essere evitata”. Poi è il turno dell’avvocato di Galanti che si dice stupito della sentenza e annuncia: “aspettiamo le motivazioni e poi impugneremo la sentenza, secondo me dalle carte processuali non emergeva la responsabilità” spiega l’avvocato Fenyes.