Ciclismo

Viviani: “Pochi credono nel ciclismo. A Tokyo per conquistare l’oro”

Elia Viviani ha vinto il Gran Premio de Cholet interrompendo un digiuno di 554 giorni. Il ciclista veronese, reduce da un intervento chirurgico per problemi cardiaci, vuole tornare ai massimi livelli e punta i Giochi Olimpici di Tokyo.

Elia Viviani, ciclista su strada e pistard italiano che corre per il team Cofidis (Photo by James Chance/Getty Images)

Il problema al cuore, l’operazione ed il ritorno alla vittoria dopo diciotto mesi di digiuno. La scalata di Elia Viviani non è stata semplice, ma adesso il ciclista può godersi gli attimi di felicità. Il trionfo al Gran Premio de Cholet, in Francia, è una gioia immensa, soprattutto perché apre ad un futuro nuovo. La speranza adesso è di potere dare il meglio di sé ai Giochi Olimpici di Tokyo, in programma a luglio, conquistando una medaglia d’oro proprio come quella ottenuta nell’Omnium a Rio 2016. Il veronese non vede l’ora.

Viviani si racconta

Elia Viviani, all’indomani del successo al GP de Cholet, è tornato a parlare del suo passato turbolento. Il ciclista, in una lunga ed interessante intervista alla Gazzetta dello Sport, è partito innanzitutto dai precedenti risultati deludenti collezionati in gara: “Al Tour 2020, il momento più brutto. Ero reduce da un pessimo campionato italiano e da una brutta Sanremo. Alla Boucle siamo andati un po’ allo sbaraglio: non avevo Fabio Sabatini che mi lanciava allo sprint e con gli altri miei compagni non avevamo avuto il tempo per preparare il treno. Il rischio di non essere competitivi nella corsa più difficile era reale: così è stato. Non voglio prendere scuse, perché il lockdown c’è stato per tutti e quando le corse le hanno fatte c’è chi ha vinto e chi no. Però per me che ero in una squadra nuova, avere il treno giusto era fondamentale. Pure io ho le mie colpe, ma da parte mia non ho mai perso la fiducia nei miei mezzi. Sono uno abituato a guardare sempre avanti“.

A gennaio è arrivata la svolta dal punto di vista delle sue condizioni fisiche. I medici, infatti, gli hanno comunicato che era necessario un intervento chirurgico per correggere l’ablazione cardiaca di cui soffre. “Ho pensato che il peggio era passato. Nel senso che finalmente avevano scoperto quale era il problema al cuore e si poteva porre rimedio. La paura l’ho avuta qualche giorno prima, quando ho visto i miei battiti cardiaci salire vertiginosamente: per una ventina di secondi erano arrivati a 227. Poi mi sono messo nella mani del dottor Roberto Corsetti che, dopo gli esami, mi ha subito tranquillizzato. E di lui che mi segue da sempre mi fido ciecamente. Mi hanno inserito un strumento sottocutaneo che si chiama loop recorder che registra l’andamento dei battiti“. Adesso sarà dunque costantemente monitorato per registrare eventuali anomalie.

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Il sogno Olimpiadi

Il pensiero fisso di Elia Viviani adesso sono i Giochi Olimpici. La vittoria dell’ultimo GP ha dato al ciclista veronese grande energia: “Al di là del valore tecnico della corsa di Cholet, che chiaramente non vale una classica, è importante perché siamo tutti più sereni: io, i miei compagni, lo staff. Bisogna ripartire da qui”. L’obiettivo a Tokyo sarà quello di replicare quanto fatto a Rio 2016, anche se l’impresa è ardua. “Sono stato un paio d’anni lontano dai velodromi perché tra squadra nuova, team da ricostruire e altre cose l’ho un po’ trascurata. Ma siccome voglio ripetere l’oro del 2016 mi sono già rimesso sotto. Ho fatto degli stage di 3-4 giorni a Montichiari a dicembre e prima della Tirreno-Adriatico. E ne ho in programma un altro ad aprile. Poi a fine Giro tireremo le somme“. Il veronese, ad ogni modo, non darà battaglia soltanto nell’Omnium. “Farò l’americana e spero il quartetto trainato da Filippo Ganna di cui al momento sono il 5° uomo. Ma se dovessi andare bene dovrei esserci: mi devo guadagnare il posto, giustamente“.

Elia Viviani nel 2019 con il team Deceuninck (Photo by Joosep Martinson/Getty Images for Cyclassics)

La speranza di tutti gli atleti è che la pandemia di Coronavirus ancora in corso non condizioni le loro prestazioni: “Non ho ancora ricevuto il vaccino. Come squadra siamo sotto la giurisdizione francese e siamo in attesa. Io vivo a Montecarlo e lì viene somministrato per fasce d’età. Forse per l’estate me lo faranno“, ha concluso. Alcuni sportivi di altre discipline, poiché membri delle forze armate, hanno invece già ricevuto le prime dosi. Le misure di sicurezza ad ogni modo sono ancora da definire nei dettagli.

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Il ciclismo in Italia

La chiosa è dedicata invece alla crisi che il ciclismo sta vivendo in Italia: “Paghiamo il fatto di non avere un fenomeno che traini il movimento. Una volta c’era Sagan, ora ce ne sono cinque o sei e purtroppo nessuno dei nostri. Anche non avere squadre italiane nel World Tour pesa. Abbiamo d.s., preparatori, medici, corridori in tutte le migliori squadre del mondo, quindi il materiale c’è. Manca un grosso investitore, tipo Jumbo o Ineos per restare nel nostro mondo, che creda nel ritorno di immagine del ciclismo. E poi forse c’è un problema a livello giovanile, nel passaggio dalle Under 23 al professionismo. Probabilmente ci vorrebbe una selezione più “spietata”, anche se è vero che uno deve avere il tempo di maturare. Ma al giorno d’oggi è cambiato tutto: i neo professionisti sono già pronti a vincere, mentre ai miei tempi, dieci anni fa, un giovane faceva una stagione o due per cercare di capire la sua dimensione. Il tempo – ha concluso Viviani – va veloce“.

Chiara Ferrara

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