Marcell Jacobs continua a incantare i propri tifosi grazie ad un racconto esaustivo di ciò che è successo prima e dopo la vittoria alle Olimpiadi di Tokyo… dal taglio del traguardo tutto improvvisamente cambiato per lui, anche se un attimo prima del successo mondiale l’atleta aveva deciso di non voler più correre.
Nel corso di questi mesi aveva avuto modo di conoscere diverse sfaccettature di Marcell Jacobs, diventato l’uomo più veloce del mondo, e che durante l’estate 2021 ha tenuto i tifosi con il fiato sospeso durante le sue competizioni Alle Olimpiadi di Tokyo.
Tornare a gareggiare per l’atleta non è stato poi così semplice, affidandosi al l’aspetta cura di una mental coach, Nicoletta Romanazzi, che è stata la sua spalla fin da subito anche fuori dalla pista.
Marcell Jacobs non voleva più correre
In occasione di una lunga intervista rilasciata al Tempio delle Donne Marcell Jacobs ha rivelato il difficile momento vissuto prima della gara quando confidò alla sua mental coach di non voler più correre e abbandonare così tutto all’improvviso.
Jobs ricordando quei momenti ha raccontato: “Richiamo Nicoletta, e lei: ‘Ma lo sapevi già, no? Accetta ciò che non puoi cambiare!’. Va bene, accettiamo. Vado in pista e rincorro il cinese che fa la corsa della vita, e a me non piace rincorrere gli altri. Taglio il traguardo, Tamberi dalla pedana del salto mi viene incontro: ‘Ma che tempo hai fatto? Record europeo!’ ‘Non mi interessa, lasciami stare! Sono in finale o no?’. Sono in finale e manca un’ora e quaranta. Torno al campo di riscaldamento, salendo quattro rampe di scale. Appena vedo Paolo Camossi, il mio allenatore, gli faccio: ‘Io sono morto, non corro più. Mi sento le gambe di pietra. Ho dato tutto, l’obiettivo è raggiunto, basta così’”.
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“Nessuno può superarmi”
La vittoria insieme al taglio del nastro ha portato il Marcell Jacobs, in un primo momento ha portato, con sé un senso di smarrimento cercando alle proprie spalle gli avversari che cominciano ad arrivare solo in seguito.
Marcell Jacobs, infatti, ha concluso così il suo racconto: “Appena mi rialzo dopo la partenza, cerco gli avversari con la coda dell’occhio, ma ne vedo soltanto uno, Kerley, l’americano… **** succede, e gli altri? Agli ottanta riesco ancora ad accelerare, sempre sciolto, senza strafare. So che, se sono in testa agli ottanta, nessuno al mondo attualmente può superarmi negli ultimi venti metri. Quando arrivo al traguardo, guardo a destra per essere sicuro che non sia un’allucinazione. Grido ‘Sììì’, ma penso di avere vinto un meeting, mica l’Olimpiade”.